zoismi_contare conta
“…diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitrenta…”
la scatola che contiene la scatola che contiene la scatola
un torrido giorno di fine maggio siamo stati in un terminal di container a Livorno, la Sintermar, per una serie di scatti fotografici per un catalogo moda. Pile ordinatisime di giganteschi mattoni di Lego colorati e con loghi spesso bellissimi che contengono tutto quello che questo mondo e quell’altro riescono a produrre, il vero e proprio volano della globalizzazione. Mentre ero lì pensavo che tutto quello che avevo addosso era passato di lì, dal mio orologio giapponese, alla macchina fotografica, dalle scarpe da tennis alla t-shirt, dai jeans al cellulare.
Da quella giornata e dalla visita guidata dall’ingegner Baudone mi sono portato via la voglia di sapere di più del container, l’ovvietà più rivoluzionaria del ventesimo secolo, e così mi sono ritrovato a leggere “The Box” di Marc Levinson, la storia della “scatola che ha cambiato il mondo” che riporta un esempio significativo: “Negli anni ’90, grazie al container, persino la cittadinanza di un simbolo americano come Barbie era ormai indefinibile: «Operai cinesi fabbricavano la bambola con stampi statunitensi e macchinari giapponesi ed europei; i lunghi capelli di nylon erano giapponesi, la plastica usata per modellare il corpo veniva prodotta a Taiwan, i pigmenti in America e gli abiti in Cina». Tutto questo, senza questo enorme scatolone, non sarebbe potuto succedere.
Il container è diventato l’unità di misura della globalizzazione, una scatola che gira il mondo senza sosta, modulo base di un sistema logistico (e di capitale) ormai perfezionatissimo ed efficiente, fatto di integrazione perfetta fra tipologie diverse di movimentazione delle merci, dal camion alla rotaia, ma che vede nella nave la sua perfetta espressione.
Navi sempre più grandi movimentano in ogni viaggio da sole migliaia di container e aloro volta diventano contenitori dei contenitori, mondi semoventi al ritmo delle onde e delle megagru che le riempiono e svuotano al ritmo di un container ogni 30 secondi. Queste navi sono progettate fra il vincolo di contenere i container, il maggior numero possibile, e riuscire ad attraversare i canali e gli stretti nevralgici delle rotte commerciali moderne, in particolare lo stretto di Malacca, sulla tratta fra Malaysia ed Indonesia, la più battuta. Le dimensioni massime che una nave può raggiungere per attraversarlo sono i 400 metri di lunghezza, 57 di larghezza e 20 di pescaggio: ora, queste navi esistono, trasportano 10.000 container da 40 piedi (12 metri circa) per un valore di un miliardo di dollari per carico, come la Emma Maersk, qua sotto.
La foto non rende bene l’enormità della nave finche non la si confronta con l’altra sulla destra…
zoismi_principi dagli occhi glabri
“daddy, te sei il principe”
“azzurro?”
“nooo, rosa”
“daddy, te c’hai le gambe pelose… e anche le braccia… ma gli occhi no”
sempre a proposito di metafora
spippolando su YouTube ho trovato un video che ha molto a che vedere col meccanismo del precedente.
sottoterra, ma oltre
sempre da stefano a proposito di vedere oltre, ecco un altro esempio di attraversamento dei significati più evidenti per trovare nuove visioni: una serie di animali stilizzati utilizzando la mappa dell’underground di Londra.
Mi immagino il tipo che li ha “visti”, mentre aspetta la metropolitana e guarda con occhi da pendolare per la milionesima volta quella (splendida) mappa, e poi, tac, non ci trova più Paddington, Marble Arch o Tower Bridge, ma ci vede un gatto, un cane, una balena e da lì giorno dopo giorno trasforma l’attesa in un safari. Una vera attività ultrasensoriale, ganzo.
i tanti livelli della leggerezza