da ofp_Jeff’not dead
L’altra notte:
Bighellono fra My Space e You Tube – and, of course “AssassinAss.com”- poi come al solito mi addormento.
Mi ritrovo in una campagna disadorna e fluviale, davanti a una stele che ricorda uno dei massimi artisti di tutti i tempi. C’è scritto: Jeff Buckley 11/17/1966 – 05/19/1997. A un certo punto il mio sguardo cade su un vecchio ubriacone riverso sulle scale di un edificio costruito sulle rive del Mississipi. Egli mi guarda con aria solenne, e mi depone un foglietto in mano. Nel foglietto c’è vergato con caratteri incerti “Scott Matthews”.
A quel punto mi sveglio. Vado su You Tube e digito il misterioso nome.
Mi appare un video in bianco e nero:
………………………!!!!!
Brividi.
A poca distanza da quello che sarebbe stato il suo 41esimo compleanno forse abbiamo trovato l’erede di Jeff Buckley.
L’attacco di voce è di una similitudine stupefacente. La melodia, il sussurro di una creatura celeste.
L’intero pezzo, una meraviglia per crogiolarsi in questo tiepido disfacimento autunnale.
Se non vi piace non lamentatevi del patologo che viene a espiantarvi il cuore.
OFP
ps. AssassinAss è un nome di fantasia; è inutile che andate a cercarlo, vecchi pervertiti.
da ofp_Inespugnabilità delle Cose_Hagakure personale
Ognuno di noi si trova a lottare contro i demoni creati dal processo di pressofusione con cui ci giungono le merci.
I manufatti che bramiamo sono oramai costantemente rinchiusi all’interno di una teca infrangibile.
Ogni oggetto comprato, ogni articolo, giace inerme nella sua prigione di cristallo.
Il maestro Saijunase spaccò tre katana nel tentativo di aprire l’involucro del giocattolo acquistato al mercato di Sapporo per il suo nipote prediletto. Il signor Sukato si è procurato il taglio della prima e seconda falange del dito indice e e pollice della mano sinistra, cercando di dischiudere la confezione di sakè espresso.
Per non parlare della membrana inattaccabile che riveste i cd ( e poi si meravigliano della pirateria malese… ).
E’ una metafora interessante questa deriva del consumismo, che da una parte ti ghermisce con tentacoli ammalianti e ti porta a dischiudere il portafoglio.
Dall’altra ti mette in possesso di un oggetto refrattario a qualsiasi utilizzo.
Una forma di packaging che colloca l’oggetto desiderato quasi in un universo parallelo.
Una sorta di tantra applicato al desiderio di qualcosa che già ci appartiene.
(a tutt’oggi il mouse che vedete in foto è inoperoso. dormiente nella sua bara luccicante e tagliente)
due cose, camminando
una casa chiusa e non abitata crea un contrasto fortissimo nella cementificazione inesorabile della mia città : è affascinante come i bar che riescono ad invecchiare, cosa che da queste parti sembra una bestemmia.
Mi vien da pensare a chi non la abita pur possedendola, mi figuro disgrazie più che fortune che impediscano a qualcuno di viverla, magari saltuariamente. Quella casa ha una catena sul portone e due persiane che incorniciano la mancanza di due finestre, come un paio di occhiali messi su una melanzana.
vicino a quella casa continua il periodo blu del comune di Viareggio che espande inesorabile la zona dei parcheggi a pagamento, in vista della riscossione di future gabelle indirette.
Così fioriscono cartelli di divieti di sosta su pali temporanei coperti da incrostazioni di fettucce bicolori di divieto.
neo_logismi
romeni de Roma
feelings overload
Living on a lighted stage
Approaches the unreal
For those who think and feel
In touch with some reality
Beyond the gilded cage
ancora coi cinque e più sensi in overdose dal concerto di poche sere fa dei Rush a Milano annaspo per riallinearmi ai ritmi quotidiani, ma troppe immagini continuano a frapporsi fra me ed il monitor e faccio fatica ad archiviarle. Erano forse vent’anni che non vedevo un concerto così vicino allo stage, senza teste dondolanti a coprirmi la visuale. Il concerto inizia con “Limelight”, una delle canzoni che preferisco, che parla della specularità della situazione in cui mi trovo immerso e della distanza che comunque ci separa dall’oggetto del desiderio, là sul palco.
Living in the limelight
The universal dream
For those who wish to seem
Those who wish to be
Must put aside the alienation
Get on with the fascination
The real relation
The underlying theme
Piazzato al centro a pochi metri da quella batteria che non ho mai smesso di osservare, con Neil Peart dietro che elargiva poesia, energia, passione senza fine. Andrea, accanto a me, dice che gli hanno strappato il sorriso, è vero, non regala mai un’espressione, un Buster Keaton che lascia parlare i ritmi che produce.
photo © Daniele Purrone
Living in a fisheye lens
Caught in the camera eye
I have no heart to lie
I cant pretend a stranger
Is a long-awaited friend
I megaschermi dietro regalano altre visioni di Neil Peart, Alex Lifeson e Geddy Lee, primi piani sui visi e sulle mani che sembrano vivere di vita propria, tale è il senso di affiatamento di questi tre canadesi. Brividi.
Tre ore di musica, tre ore in una dimensione diversa.
x y z e qualcos’altro.
zoismi_autonomia
pranzo.
Aria fa le bizze per mangiare, “voglio che qualcuno mi imbocchi!”
Zoe: “prima o poi dovrai imboccarti da sola, eh…”