la scatola che contiene la scatola che contiene la scatola
Posted on luglio 25, 2007
Filed Under sens_in_azione
un torrido giorno di fine maggio siamo stati in un terminal di container a Livorno, la Sintermar, per una serie di scatti fotografici per un catalogo moda. Pile ordinatisime di giganteschi mattoni di Lego colorati e con loghi spesso bellissimi che contengono tutto quello che questo mondo e quell’altro riescono a produrre, il vero e proprio volano della globalizzazione. Mentre ero lì pensavo che tutto quello che avevo addosso era passato di lì, dal mio orologio giapponese, alla macchina fotografica, dalle scarpe da tennis alla t-shirt, dai jeans al cellulare.
Da quella giornata e dalla visita guidata dall’ingegner Baudone mi sono portato via la voglia di sapere di più del container, l’ovvietà più rivoluzionaria del ventesimo secolo, e così mi sono ritrovato a leggere “The Box” di Marc Levinson, la storia della “scatola che ha cambiato il mondo” che riporta un esempio significativo: “Negli anni ’90, grazie al container, persino la cittadinanza di un simbolo americano come Barbie era ormai indefinibile: «Operai cinesi fabbricavano la bambola con stampi statunitensi e macchinari giapponesi ed europei; i lunghi capelli di nylon erano giapponesi, la plastica usata per modellare il corpo veniva prodotta a Taiwan, i pigmenti in America e gli abiti in Cina». Tutto questo, senza questo enorme scatolone, non sarebbe potuto succedere.
Il container è diventato l’unità di misura della globalizzazione, una scatola che gira il mondo senza sosta, modulo base di un sistema logistico (e di capitale) ormai perfezionatissimo ed efficiente, fatto di integrazione perfetta fra tipologie diverse di movimentazione delle merci, dal camion alla rotaia, ma che vede nella nave la sua perfetta espressione.
Navi sempre più grandi movimentano in ogni viaggio da sole migliaia di container e aloro volta diventano contenitori dei contenitori, mondi semoventi al ritmo delle onde e delle megagru che le riempiono e svuotano al ritmo di un container ogni 30 secondi. Queste navi sono progettate fra il vincolo di contenere i container, il maggior numero possibile, e riuscire ad attraversare i canali e gli stretti nevralgici delle rotte commerciali moderne, in particolare lo stretto di Malacca, sulla tratta fra Malaysia ed Indonesia, la più battuta. Le dimensioni massime che una nave può raggiungere per attraversarlo sono i 400 metri di lunghezza, 57 di larghezza e 20 di pescaggio: ora, queste navi esistono, trasportano 10.000 container da 40 piedi (12 metri circa) per un valore di un miliardo di dollari per carico, come la Emma Maersk, qua sotto.
La foto non rende bene l’enormità della nave finche non la si confronta con l’altra sulla destra…
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5 Responses to “la scatola che contiene la scatola che contiene la scatola”
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Beppe Grillo dice anche que il 50% delle navi che viaggiano trasportano container vuoti……………………………
sará vero?
manco di poesia?
Mio padre lavora in Maersk: è tra i responsabili per l’Italia del trasporto del cibo refrigerato nel bacino del mediteranneo e verso l’esterno. I suoi container credo proprio che siano pieni: pesci, carne, frutta e verdura.
A casa abbiamo perfino un frigo da mare fatto a forma di container Maersk…
daiiiii! E me lo dici solo ora? Devo parlarci…
meno male! sono piú tranquillo
MICH domani ti porto il container! O preferisci il camioncino?
LUCIO LUCERTOLA se con tutto quel dice di lavorare mio padre, scopro che trasporta scatole vuote…