Posted on ottobre 4, 2008 
Filed Under comunic_azione, zoismi

su consiglio di Stefano ho avuto modo di leggere, ma sarebbe più corretto dire “osservare”, una tesi di diploma dell’ISIA di Urbino tutta imperniata su come sia possibile ottenere graficamente degli effetti di senso analoghi a quelli che in letteratura vengono ottenuti mediante l’utilizzo di figure retoriche.
Oggetto del lavoro (splendido) è “Le città invisibili” di Italo Calvino, uno di quei libri da consultazione continua, tipo i dizionari, i manuali del lettore di videocassette (ogni volta che dovevo programmare una registrazione mi toccava rileggerlo) o il manuale delle giovani marmotte per Qui Quo Qua.

Questa tesi mi ha fatto riscoprire una pagina in cui Calvino descrive la città di Zoe come luogo dell’esistere indivisibile, senza differenze nè punti di riferimento in cui la totalità del molteplice è la negazione del particolare (per molti versi analoga ad un’altra Zoe…).

“Il viaggiatore gira gira e non ha che dubbi: non riuscendo a distinguere i punti della città, anche i punti che egli tiene distinti nella mente gli si mescolano.
Ne inferisce questo: se l’esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell’esistenza indivisibile.
Ma perché allora la città?
Quale linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall’ululo dei lupi?”

Nella tesi la rappresentazione grafica del racconto è semplicemente il testo stampato in nero al 2% (assenza di inchiostro, assenza percettiva, assenza della differenza).

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