persone_Interview Project di David Lynch
domande che non sentiamo per innescare risposte che diventano autoritratti.
È online da qualche mese il “Interview Project” di David Lynch. Si tratta di una serie di interviste a gente comune (noi, non i personaggi che affollano la nostra estate) in giro per gli Stati Uniti, un nuova ogni tre giorni per un totale di 121, un anno.
Ognuno parla di sé, del suo mondo, dei suoi affetti ed ogni monologo è inserito in un montaggio asciutto. Sarà Lynch, ma, dalle tante facce, dalle storie più ordinary a quelle più drammatiche, mi è rimasto un senso di inquietudine come se dietro tutti quei volti e quelle parole si nascondesse sempre solo dolore e inquietudine, che poi a pensarci bene, la maggiorparte delle nostre parole nasce da un qualche tormento. Cavalcarlo, domarlo o farsi disarcionare dipende da noi.
sui nomi delle cose
ho sempre pensato che le relazioni fra nome e professione fossero roba da barzelletta, da film con Alvaro Vitali, così quando ho visto questa targa sono rimasto folgorato e mi è venuto in mente che c’è gente in giro che si fa difendere da pischelli con nomi qualunque, tipo Ghedini, Buongiorno (questo era buono per un’edicolante) o un demodè Taormina.
P.S. ripensandoci chiamarsi (quasi) bold per un grafico non è male
scappare a stomaco pieno rallenta la performance
mi chiedo se ieri non sia proprio successo niente in Versilia, e poi mi richiedo: l’atleta era a stomaco pieno? E che sport faceva?
tintarella di luna
al mare, Zoe sposta il lettino che era al sole: “daddy, ora prendo un po’ d’ombra”
sull’incostante afflusso di sangue al cervello
che poi alla fine mi dico che è la fatica, ma invece è che quando ci resti male, ma male davvero, allora non capisci più niente, è come guardare l’orizzonte sul nel culo di una bottiglia, non è più dritto, è tutto distorto come in quel film con Johnny Depp e Las Vegas, ma son sicuro che a scrivere di getto tutto quel che mi sento dentro allora le cose cambiano o perlomeno si riassestano, il fatto è che io la vedo sempre così, puoi far tanto la vittima, ma lo fai per nascondere a te stesso l’abbaglio che hai preso, la caà ta colossale che hai fatto e poi hai pestato, indossi una sorta di occhialone da sole per la coscienza che però ti sta malissimo, anzi fa ridere, perché sembra quello col nasone e i baffi alla Groucho Marx che poi quegli occhiali lì non c’hanno nemmeno le lenti e allora il tuo bluff salta e tu resti nudo a coprirti le vergogne con quegli occhiali che fra sotto e sopra non sai che occhi guardare.
Io però ‘ste cose me le tengo per me, checcazzo, non te le vengo certo a dire.