gli avvoltoi volano sempre più alti

coffee

secondo i primi exit poll si conferma la tendenza al nuvoloso epistassi irritazione del colon

poesia


“è una montagna.
Con un cuore che la vuole scalare”

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incipit

che sarebbe stata una giornata difficile me l’ha ricordato il fatto di essermi svegliato da solo dieci minuti prima della sveglia puntata alle sei e mezzo. Cookie al solito si infila con me nel microbagno, lui si siede sul bidet io accanto, e per una decina di pagine (tre, se leggi “Infinite Jest”) mi osserva emettendo un rumore di motore elettrico al minimo. Poi ho bisogno del bidet e lui si spenge.
Poi devo accendere le pupe.
Z parte al primo colpo, senza sussulti: le offri un cocktail di latte, nesquik, biscotto granulare e miele, lei lo ingurgita in trenta secondi ed è già pronta per fare delle associazioni mentali alla Timothy Leary.
A invece ha le candele sporche, l’impianto elettrico di una panda dell’84, il carburatore pieno di benzina e la batteria a terra. Dopo un quarto d’ora di insistenze apre un occhio da cui ogni mattina mi investe col raggio della morte, uno sguardo monco che recita immancabilmente “sei uno stronzo sadico, Erode al confronto era la Montessori, fammi dormire, che cosa t’ho fatto io di male, guarda che prima o poi me la paghi questa cosa qua della privazione del sonno che mi infliggi tutte le mattine”.
Sono le sette e dieci e la voce dei pensieri scuri con cui mi sono svegliato è attutita dalla preparazione di tre colazioni e definitivamente annichilita dalle parole in loop di Berlusconi al gierre che mi fanno archiviare la maggiorparte delle catastrofi personali e mondiali alla voce “mangimi per ovicoltura”.

lo sporco business dei compleanni

domenica, dopo pranzo, piove, ma alla televisione c’è il sole che flasha una partita a Manchester mentre dalla stanza in fondo al corridoio arrivano i suoni sintetici di un tappetino danzante delle Winx™(da provare, ma non a scalzi perché si attacca ai piedi nudi e perdi il tempo) e di un Nintendo DS mixati assieme alle grida delle bimbe. Incombe la solita festa di compleanno a cui accompagnarle. La festa si tiene in un posto che si chiama Parco Pitagora, probailmente per la genialità dell’idea che ne ha fatto da piccolo parco di piccolo spaccio degli anni ’80 a monopolista del festeggiamento seriale di genetliaci under 10.
È un basso capannone di legno e nylon pieno di quelle gabbie con la rete con tubi e passaggi obbligati che contengono bambini scalzi con le gote rosse e con una zona di piccloi settori riservati al ritmo uno per festeggiato, che separano le rispettive celebrazioni, personalizzate per invitati e menu. Alla fine se sei il genitore del festeggiato paghi un tot ad invitato e io che gliene ho portate tre ci ho ripagato alla grande la quota del regalo fatto ad una bimba di cui ignoro i lineamenti, i genitori e fino ad oggi l’esistenza. Appena entri ti accoglie un omino e una acuta miscela di puzza di piedi e sudore che ti fa riapprezzare all’uscita la neutralità olfattiva delle polveri sottili, mentre l’omino ti chiede la parola d’ordine che solitamente è il nome della festa a cui sei invitato tramite dei biglietti formato assegno circolare che vengono spacciati durante la settimana precedente in tutte le classi del regno.
Appena entrati e tolte le scarpe perdo di vista le bimbe che vengono fagocitate dai macchinari per il divertimento e dalla pressione sonora da rave party del luogo.
Un compleanno costa dai 150 ai 300 euro, a seconda della location, del numero degli invitati e del menù scelto e se hai due figlie devi mettere in conto una trentina di inviti in un anno, per cui sommando le quote di partecipazione ai regali più l’organizzazione di due festine puoi arrivare a tre rate del mutuo.
I genitori restano in loco, mangiano prima i popcorn, poi bevono la Fanta, poi cominciano con le focaccine, le valdostane, la torta, lo spumante. La sera di solito la famiglia del compleanno non cena. Io sono attrato dai vol-au-vent salati che mi immagino sempre pieni di wurstel o cotto e formaggio, ma spesso sono rimasto fregato dall’interno-acciuga che mi costringe a buttare giù il bolo con una gozzata di spuma che non riesce a cancellare la brutta sensazione di essere stato ancora una volta fregato dal pasticciere di turno per cui ai compleanni sembra sempre che faccia i complimenti, ma in effetti è solo paura, la mia. La stessa paura della folla che mi porta sempre ad evitare di restare lì troppo a lungo assalito dal terrore di essere avvicinato da un genitore, di solito profondissimo conoscitore del sistema scolastico locale, che con una scusa qualunque tenti di alimentare la mia integrazione al party e così prolungare dolorosamente il mio disagio. Il problema è che poi io queste esperienze e quelle facce non riesco a ricordarle (non dite che le rimuovo) e così la mattina dopo all’entrata della scuola non saluto mai quelle stesse persone facendo regolarmente la figura del cafone scorbutico che “povere bimbe con un padre così…” e invece io sono una brava persona che parcheggia sempre lontano dalla scuola per non intasare il parcheggio e allungare di qualche attimo le manine delle mie pupe che stringono le mie e che è una cosa che potrebbe, in un poco auspicabile aut aut, farmi rinunciare al primo caffè della mattina.
Con la scusa che mia moglie (non ho ancora una moglie) sta male (sta benissimo, la mia compagna, per fortuna) e che tornerò verso le sei a riprendere le bimbe (non sarà prima delle sette) riesco a dribblare la marcatura a uomo e dirigermi ad ampie falcate verso l’uscita mentre sento alle mie spalle una fredda ondata di riprovazione che mi fa immaginare gli scenari ipotizzati per la mia fuga: dall’adulterio ad un alibi per una rapina, ad un più inquietante “hai visto aveva che caccola aveva?”.

il peso della Parola

“nero assoluto per uno sguardo pericolosamente glamour”
“alla prima applicazione l’estasi di ciglia divinamente corpose”
“lipo-reducer per aiutare a destoccare i lipidi”
“leviga e minimizza i pori”
“il primo gloss ad effetto euforizzante”
“Nutella non contiene conservanti né grassi idrogenati”

Leggevo solo le pubblicità di “D”, ieri, mentre dal televisore alle mie spalle un accento brianzolo intonava una nuova preghiera pagana.
All’improvviso quel che sentivo e quel che leggevo si sono fusi in una monolitica palla di pelo che sento di dover vomitare al più presto.

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