tu chiamale se vuoi, emozioni
Posted on marzo 15, 2011
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alla maturità feci un tema sull’energia in cui scrissi che costruire in Giappone centrali nucleari mi sembrava un’equazione sbagliata: ci sono i terremoti+centrale nucleare= grosso rischio. Mi ricordo che entrai all’orale e il presidente della commissione che era un professore di composizione architettonica della facoltà di architettura di Firenze, Domenico Taddei (e con cui di lì a poco tempo avrei sostenuto due esami, anzi, “altri” due esami) si ritagliò un quarto d’ora buono per attaccarmi su quella opinione che avevo espresso nel tema sostenendo che con le tecnologie attuali non c’erano praticamente rischi sismici per le centrali. E io lì a subirmi le argomentazioni del baffuto barone fiorentino.
In questi giorni tenendo le mani strette sui portafogli i doppiopetti del partito dell’uranio ripetono con una voce sola “Non bisogna lasciarsi trascinare dall’emotività”.
“Non bisogna lasciarsi trascinare dall’emotività”, come se le argomentazioni di decenni contro il nucleare fossero panzane dettate dall’istinto e non dal dato scientifico.
“Non bisogna lasciarsi trascinare dall’emotività”, e l’emotività di cui si riempiono la bocca gli strenui difensori di un investimento, quello italiano, sbagliato e fraudolento (vd. inchieste di report e Iacona) vuol dire proprio partire dal dato oggettivo per attivare l’emozione. Siccome quel dato è davanti ai nostri occhi posso anche permettermi di piangere, ma dirvi anche di fermarvi a pensare, voi che non avete emozioni. E a te, professore, a distanza di tanti anni e sull’onda dell’emotività vorrei dire quanto mi dispiace essermi preso la ragione.
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