sogni nel carretto
Posted on aprile 17, 2010
Filed Under sens_in_azione, vitavissuta
ero a prendere un caffé – ma perché poi si dice “prendere” un caffè? meglio “bere”, “gustare”, “assaporare” – e dietro di me vedo un tipo che infila monete a raffica in un videopoker e dico “infila” perché anche il verbo giocare sarebbe sbagliato in questo caso, perché il gioco prevede il divertimento e allora mi domando se esistano dipendenze divertenti, perché per dire gioco devo dire anche divertimento, ma sulla faccia del tipo che infila le monetine nella fessura del giochino non vedo divertimento, ma solo assenza di emozione, anche quando il brusio profumato del bar viene rotto dallo scroscio delle monetine che si addensano nella vaschetta che ha di fronte alle gambe dello sgabello. Lo sgabello mi dice che è uno stanziale e non sarà certo quella pioggerella metallica a farlo staccare dalla routine infila moneta > pigia tasti colorati > guarda schermo > infila moneta e via in loop e infatti non si stacca e ricomincia ad infilarle nella fessura, una ogni dieci secondi, se non rivince con quelle secondo me dura dagli otto ai dieci minuti e dopo che farà? Ricambierà dei soldi? Il barista gli consiglierà di smettere? Se uscirà dal bar sarà contento o incazzato? In questo marasma mentale che a ripensarci mi spaventa anche un po’ mi riaffiora alla mente una cosa che ho letto la settimana scorsa di un pensatore anarchico gallese, tale Llawgoch (anche se per me è una supercazzola dell’autore perché non ne trovo traccia sul web…), che mi sono andato a ricercare e che ricopio: “Per comprendere un’epoca bisogna interpretare i suoi sogni. Un popolo felice spera di migliorare la propria condizione, un popolo infelice vuole cancellarla”. Penso a queste cose nei dieci passi che faccio per prendere in mano il giornale e sulla prima pagina sotto a un titolo che dice che il piccolo capo del governo attacca Saviano perché fa una cattiva pubblicità all’Italia in fondo c’è una pubblicità, questa a pagamento, del Superenalotto che dice così: “Vorrei vincere io per non avere più sogni nel cassetto. Saranno i cassetti a sognare me”. Cazzo, a farmi invidiare dai cassetti proprio non ci avevo mai pensato, ma fra le righe intuisco l’ammiccamento che il copywriter mi ha riservato con questo sottile gioco di parole e il turbamento di queste due ferali affermazioni sfuma nella ricerca del senso profondo delle parole della pubblicità e mi vedo con gli occhi del barista paralizzato per qualche secondo a fissare il quadrifoglino del logo del Superenalotto che sotto ha però la scrittina “Gioca il giusto” che dovrebbe sancire il limite invalicabile fra il Paradiso della ricchezza e l’Inferno della dipendenza dalla grattata della pellicola argentata, la stessa raffinata ipocrisia del “Bevi responsabilmente”, “Fumare invecchia la pelle”, “Non ti fare le seghe che diventi cieco”.
Poso il giornale senza nemmeno aprire la pagina della cronaca locale, pago il caffè e con la coda dell’occhio vedo il giallino del pacchetto di Camel posato sul videopoker nero.
Giuro che se vinco tanti soldi affitto un Airbus e porto tutti a giocare a beachvolley in Australia per tre settimane.
Comments
Leave a Reply