luna park Tate
Posted on ottobre 12, 2006
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entri in San Pietro, che tu ci creda o no, ti senti una cacchetta. Lo sapevano già da secoli e la religione come altre dittature ha plasmato intere generazioni di fedeltà attraverso la vastità delle architetture. Se sei ateo la stessa mistica sensazione di annullamento di fronte al grande la vivi anche dentro un hangar, al Colosseo, in uno stadio. La cosa sembra funzionare al rovescio: da fuori sono solo cose grosse, una massa di costruito enorme e percepisci solo sostanza. Quando ti addentri nel ventre di questi pachidermi è lì che ti spaventi perché è lì che percepisci il peso insopportabile del vuoto che hanno creato, tu da fuori la potevi solo intuire quella sensazione, ma dentro ti toglie il respiro.
A Londra, lungo il Tamigi, in centro, c’è una roba così. Prima era una centrale elettrica poi è diventata la tate Modern, una gallery (gli inglesi la chiamano così, ma in italiano suona piccolo) di arte Moderna e continua a produrre energia. L’entrata di questo blocco enorme è una cosa normale, niente di che, ma fai tre passi e ti trovi in una hall immensa (per intendersi un parallelepipedo lungo un paio di centinaia di metri per una sessantina di larghezza e una trentina di altezza. Questo spazio si chiama “Turbine Hall” ed era, appunto, la sala delle turbine della centrale. Adesso ci piazzano ciclicamente delle megainstallazioni: quella attuale è la settima, è di un artista che si chiama Carsten Höller e riempie questo grande spazio vuoto con una serie di grandi tubi in acciaio e plexiglas che formano una struttura di scivoli che va dai livelli più alti della Tate fino al livello della hall.
Non l’ho vista di persona ma immagino che non si debba per forza sperimentare la caduta all’interno di quegli scivoli per apprezzare comunque la forza di una roba così. Ma buttarsi aiuta a capire le intenzioni dell’artista? Secondo lui sì, infatti ho letto che ciò che gli interessa è sia lo spettacolo visivo del vedere le persone scivolare giù nello “stato di simultaneo piacere e ansia che si prova nel buttarsi”.
Perché relegare questa alchimia all’età della fanciullezza?
Perché non introdurre lo scivolo come elemento dell’architettura contemporanea?
Tante città e tante persone ne guadagnerebbero.
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One Response to “luna park Tate”
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Ignara di quello che poteva accadermi in seguito alla scivolata, l’ho fatta e dal 5 livello: l’emozione allo stato puro, l’adrenalina che ti sale in un botto a ritmo frenetico… e in più sei nell’atrio di una galleria di arte contemporanea. Purtroppo la fila che c’è solitamente non permette di fare il bis allora con le gambe che tremano dall’ebrezza stai ancora qualche istante a vedere le altre persone che scivolano, cercando di riprovare il batticuore di 2 minuti prima. Poi appena passa quella frenesia lì, vai al 7’piano vedi la scultura futurista di Boccioni e ti ritorna.
Da fare e da rifare. Tante volte.