la cecina (con l’accento sulla i)

Posted on giugno 26, 2007 
Filed Under vitavissuta

alla mia domanda sul perché non facesse la cecina, Moreno della pizzeria Vecchia Viareggio (una delle migliori in zona) mi rispose che ci voleva un forno caldissimo e, sopratutto, non ne valeva la pena, “che tanto c’è Rizzieri”.
Queste parole mi sono tornate in mente ieri mentre, fronteggiando spavaldamente un feroce attacco di voglia di cecina, guardavo le fiamme del forno di Rizzieri avvolgere l’enorme teglione incrostato di rame stagnato in cui cuoce (anzi sublima) il piatto più semplice del mondo. E anche uno dei più difficili da realizzare, con l’equilibrio delicatissimo di acqua e farina di ceci, sale e olio che la fa assomigliare più ad una ricetta da alchimista che a cibo da banco o da strada. È già spettacolare vedere come viene infornato, liquidissimo e di un giallo pallidino che nella cottura diventa vivissimo e con una consistenza che va dal morbido che si scioglie in bocca al friabile passando attraverso tutti gli stadi intermedi del piacere del gusto e poi quel cartello, “per la cecina chiedere all’addetto”…


Come al solito, quando è uscita dal forno, enorme, sbavando ne ho ordinato quattro pezzi, li ho innaffiati di pepe nero e ho fatto a metà con Aria che mi sorrideva tentando di dare un’occhiata dal basso al bancone.

Non è a Viareggio, ma per farvi un’idea date un’occhiata al sito del Seghieri, un tortaio di Livorno.

da wikipedia:
Una leggenda racconta che sia nato per casualità nel 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia della Meloria. Le galere genovesi, cariche di vogatori progionieri si trovarono coinvolte in una tempesta. Nel trambusto alcuni barilotti d’olio e sacchi di ceci si rovesciarono, inzuppandosi di acqua salata. Poiché le provviste erano quelle che erano e non c’era molto da scegliere, si recuperò il possibile e ai marinai vennero date scodelle di una purè informe di ceci e olio. Nel tentativo di rendere meno peggio la cosa, alcune scodelle vennero lasciate al sole, che asciugò il composto in una specie di frittella. Rientrati a terra i genovesi pensarono di migliorare la scoperta improvvisata, cuocendo la purea in forno. Il risultato piacque e per scherno agli sconfitti, venne chiamato
l’oro di Pisa.

Comments

One Response to “la cecina (con l’accento sulla i)”

  1. lucio on giugno 27th, 2007 13:53

    BONA LA CECINA!!!!!!!!!!!!!CON TANTO PEPE E UNA BELLA SPUMA BIONDa

    LA VOGLIO ANCH’IO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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