tranelli di sabbia
Posted on maggio 6, 2008
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ieri ho dimenticato uno zoismo, me l’ero appuntato dietro un libro all’imbarco dieci giorni fa.
“daddy, lo sai dove andiamo?”
-“dove?”-
“in un’altra dimensione”
o ha fatto un copia e incolla da un cartone delle winx o da un dialogo di ed, edd & eddie (chi non guarda cartoon network non può capire), comunque ha fotografato la situazione e ha fsganasciare tutta la fila dell’imbarco. È vero, da quel momento entri in un’altra dimensione, è tutto diverso, è una nuova normalità .
“daddy, non si devono aprire i finestrini sull’aereo, eh”
Fa caldo, ma è il clima di forzata amichevolezza e informalità a togliermi il fiato. Dal momento in cui entri nel villaggio è tutto un “ciao, ciao”, “come va?”, un’atmosfera che se fosse replicabile là fuori non ci sarebbero tensioni, intolleranze, conflitti, tutti amici di tutti. Sarà la magia del braccialetto arancione ad allinearci come gli ospiti di un bel penitenziario. Per i primi due giorni mi nascondo costantemente dietro un libro e anche l’abbronzatura ne risente.
Il villaggio è un mondo a parte, uno stato alterato della mente in cui tutti devono divertirsi, o meglio, farsi divertire.
A quattro ore di aereo dall’Italia chiusi da tre mura e una barriera corallina per una settimana, con un rancio dimenticabile e non avendo la più pallida idea di cosa ci sia qualche chilometro più in là .
“Lo sai daddy che ho fatto un disegno di te e mummy che vi baciate?”
“Me lo fai vedere?”
“Non posso, un bimbo me l’ha strappato…”
“Perché?”
“Perché ha detto che l’amore è brutto”
Il catalogo vanta la presenza di un cuoco italiano la cui simpatia è proporzionale all’abilità nel cucinare pasta scotta con pomodoro pelato versato dalla latta.
Una sera, di fianco al tavolo delle verdure si rivolge ad una signora: “Se mi permette le consiglierei questo cestello di uova ripiene di insalata sovietica”.
Il giovedi mi sono buttato, torneo di racchettoni insieme ad una selezione degli antisportivi più competitivi di tutto l’Egitto in una gara farcita di gesti improbabili e sudorazione eccessiva. Si gioca in coppia e mi tocca uno che mi da’ una gran sicurezza coi suoi hi-five continui lungo l’intera competizione che, ovviamente, vinciamo. La sera premiazione in anfiteatro con grasse risate di Jane alle mie spalle. Tutto molto aziendale, io un po’ triste.
Le animatrici del babyclub organizzano una gara di castelli di sabbia in cui coinvolgono anche i genitori: letale. Bambini dubbiosi vengono messi in disparte dalla furia creatrice degli adulti che alla fine da’ vita a due piramidi, una sfinge, una sirena, una stella marina e una Ferrari di formula 1. “Facciam così: tu prendi il secchiellino e vai in mare a prendere l’acqua per papà ” oppure, “Gaia, mi rovini la piramide, ti vuoi spostare?”. Ganzo.
Oltre a zoe, aria e il sottoscritto ci affibbiano un piccolo ingegnere edile di nove anni che ci comanda a bacchetta con fare autoritario ed erre moscia. Costruiamo il “castello della principessa sul pisello” in perfetto stile favelas, ma il tocco di colore dei fiori con cui aria ingentilisce le pareti esterne ci regala un brillante penultimo posto (in pratica il primo fra le opere dei bambini) e tanti sguardi di commiserazione.
L’acqua è il posto più sicuro dove rifugiarsi, entri e non devi salutare nessuno anche se quel pesce Napoleone pareva che volesse dirmi qualcosa, al che io mi sono girato dall’altra parte verso una murena affacciata alla tana che mi ha cagato zero.
Sto cambiando, ha ragione Jo: prima il suv, poi il villaggio, chi l’avrebbe detto? Io no, ma così potrò vantarmi di un’altra esperienza estrema.
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3 Responses to “tranelli di sabbia”
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http://www.ilmanifesto.it/vignettadelgiorno/200805/
qualcosa
belle parole e belle immagini.
A parte che tra il Suv e il Villaggio bisognerebbe anche parlare di un nuovo Look che non credo si possa imputare solamente alle recenti collaborazioni professionali…