sigla di chiusura
pensando alla morte di Mike Bongiorno mi è venuto in mente il suo cambio di rotta da quando è entrato a quando l’hanno “uscito” da Mediaset. Poi ho trovato questo video.
censure
la censura sistematizzata di ciò che sempre più somiglia al regime idealizzato e programmato dal venerabile ha fatto in modo che non si possa debba pubblicizzare il trailer del post precedente (“videocracy”): è la conferma del teorema secondo cui in Italia si possa manipolare il consenso col possesso/controllo dei media. Come in Cina se tu usi le stesse armi per dare un’alltra immagine il media stesso si chiude a riccio e la tua voce diviene subito flebile e ti devi ridurre a farti capire a gesti.
happy clashday
stamani ho scoperto due cose, che è il mio compleanno e che lo sarebbe stato anche di Joe Strummer (una roba da raccontare a Nicola).
c’è fede e Fede, mais moi je suis illuministe
il TAR del Lazio dice che l’insegnante di religione non può prendere parte agli scrutini. Francamente m’importa una sega, è la solita bombetta a orologeria per farci dimenticare che comunque il ponte sula stretto lo faranno, che in Abruzzo continueranno a fare camping e che a Viareggio non è colpa di nessuno.
Poi leggo la reazione dei vescovi ed ho un sussulto:
“I vescovi: la sentenza che esclude dagli scrutini i professori di religione “aumenta la diffidenza verso i magistrati”.
Così come la sentenza sul caso Mills le questioni di Fede non andrebbero discusse. E poi perché? Non vi han mica imposto di pagare l’ICI, vi scaldate tanto per dare un votino in pagella ai bimbi? Dai, vi rimane la scuola privata dove potete dare tutti i voti in tutte le materie, e poi, francamente lo spot dell’8 per mille non lo potete mica fare con il consiglio di classe, vien meglio coi poveri e gli affamati ripresi con un bel cross processing e in slow motion.
Bollandola come “Decisione vergognosa, bieco illuminismo”, la prossima volta che incontro un credente mi avvicinerò sorridendogli e sussurrandogli che è uno che vive di “infondate superstizioni e credenze esoteriche”, ma poi invece ci ripenserò, sì, perché sono un illuminista e al buio preferisco il lume della ragione.
sull’incostante afflusso di sangue al cervello
che poi alla fine mi dico che è la fatica, ma invece è che quando ci resti male, ma male davvero, allora non capisci più niente, è come guardare l’orizzonte sul nel culo di una bottiglia, non è più dritto, è tutto distorto come in quel film con Johnny Depp e Las Vegas, ma son sicuro che a scrivere di getto tutto quel che mi sento dentro allora le cose cambiano o perlomeno si riassestano, il fatto è che io la vedo sempre così, puoi far tanto la vittima, ma lo fai per nascondere a te stesso l’abbaglio che hai preso, la caà ta colossale che hai fatto e poi hai pestato, indossi una sorta di occhialone da sole per la coscienza che però ti sta malissimo, anzi fa ridere, perché sembra quello col nasone e i baffi alla Groucho Marx che poi quegli occhiali lì non c’hanno nemmeno le lenti e allora il tuo bluff salta e tu resti nudo a coprirti le vergogne con quegli occhiali che fra sotto e sopra non sai che occhi guardare.
Io però ‘ste cose me le tengo per me, checcazzo, non te le vengo certo a dire.
back where I belong
verso Milano, a tuffarsi nelle note che inonderanno l’Idroscalo:
due ottimi motivi, Mars Volta e Nine Inch Nails.
Stay tuned.
sovranità impopolare
stamattina presto ho preso il mio certificato elettorale e sono andato a votare per il referendum, che fino alla settimana scorsa non avevo capito nemmeno cosa volesse abrogare, poi, con un piccolo sforzo ce l’ho fatta, sia a capire che a tracciare, convinto, tre x.
Arrivo davanti alla solita scuola media che è abbagliante nel suo vestito di travertino e sento troppo eco nel mio ciabattare al suo interno fino al seggio nove, rallento e dalla porta chiedo “permesso?” mentre le tre signore del seggio mi guardano come a dirmi “ma prendi per il culo?”, ma gentilmente, quasi sollevate dal poter fare qualcosa oltre all’essere coperte dai tre scatoloni quasi completamente vuoti. Mentre tiro fuori il certificato e la carta d’identità penso alla tristezza di queste qua che sono state un giorno e mezzo ad aspettare poche decine di persone, mi danno le schede e mi metto a ridere guardando la lunghezza dei quesiti, una se ne accorge e scrolla le spalle. Democrazia diretta sarebbe.
L’urna ha delle tendine di gomma beige che dona al cubicolo della democrazia l’aspetto di una cabina da peepshow ed effettivamente con quei quesiti il rito è pressoché masturbatorio, ma ho le idee chiare, barro le mie ics, le ripiego per benino, esco, riprendo i documenti e infilo le schede negli scatoloni che suonano vuoti, ma, malgrado tutto congiuri contro quest’espressione di democrazia non sono affatto triste. La cosa strana è che io al prendere una posizione e tracciarla sulla carta ci credo, ancora. La diserzione elettorale mi sa di diserzione civile, non mi piace, quando ci penso su mi figuro un monte Rushmore con le facce di Andreotti, Gelli, Berlusconi e Luciano Salce.
Mi volto verso la lavagna che recita un impietoso “16,2 %”, al volo calcolo che a Viareggio ha votato una persona su sei, esco ciabattando e guardando controluce il mondo là fuori ho voglia di un caffè al vetro al CRO.