la faccia luminosa del call center

non  è pregiudizio, è statistica, in una decina d’anni di chiamate non mi era mai successo. Intendo quelle fatte quando c’è stato un problema, non quelle quotidiane, assillanti che ricevi a tutte le ore e che sembrano l’unica funzione rimasta alla telefonia fissa. 
Il primo gennaio 2012, poco prima dell’ora di cena, sono riuscito a parlare con un operatore del call center di Teletu e, visto il giorno, già questa era una cosa straordinaria, ma quando a mie specifiche domande sul perché di una ADSL ballerina questi mi ha risposto con competenza e non col solito “ha provato a staccare e riattaccare la spina del modem?”, guidandomi in una riconfigurazione totale del modem secondo parametri a me ad oggi sconosciuti, mi sono commosso. In un attimo tutto è tornato a funzionare, addirittura mi sembrava più veloce la connessione, e io, commosso, gli ho augurato ogni bene per tutto l’anno ed oltre, magari non dovendo più lavorare né a capodanno né mai in quei posti lí.
Una volta riattaccato ho cambiato idea, pam.
La felicità si nasconde nei callcenter, bisogna dirglielo a Celestini.
Uno come quell’operatore ce lo dovrebbero chiudere, là dentro, e regalare a noi, qua fuori, un mondo migliore.

un, due, tre

Alino fa foto, la maggiorparte belle, la minorparte molto belle, ma tutte invisibili ai più.
Questa me l’ha regalata in un momento di debolezza.

la mierda vuelve (again and again)

a giudicare dall’odore gli scarichi dello studio dovevano essere intasati e allora chiamo il costruttore e gli dico che quel problema lí bisogna risolverlo alla svelta. Lui oggi mi manda un idraulico che si presenta dicendomi che non ha idea di cosa succeda in quei tubi e cosa possa generare ‘sto gran fastidio olfattivo, ma proverà a stasare la conduttura. Mentre batto con dita pulite sulla tastiera mi sento dispiaciuto per lui fino al momento in cui il suo cellulare squilla con “Faccetta nera” come suoneria.

welcome to wonderland, Alice

è nata la bimba di Leo e Carmen, quattro chili e il ciuffetto d’ordinanza bianco.

banco_note

ho chiesto dei soldi all’unico impiegato della filiale deserta, gli ho firmato le carte nel silenzio generale e mentre lui picchiettava sui tasti rumorosi di una vecchia tastiera IBM ho alzato lo sguardo dal freddo bancone nero per dare un’occhiata a quella filiale dove entravo per la prima volta: piccola, di cemento armato, ma con grandi vetrate da cui la vista si apriva alle barche del porto e a una fetta enorme di cielo.
Io cosí tanto fuori dal dentro di una banca non l’avevo mai visto.

e vai col lokoliscio

sms da nick the red

“mi hanno chiesto: “scusi sa dove possiamo noleggiare quei pedalò da strada?”, non male vero?”

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