la bella stagione


mi sveglio, tutt’intorno è silenzio, non apro bocca quando alla radio sento la maschia voce di una pubblicità che dice: “siamo specializzati nella somministrazione di risorse umane“.
Un crescendo: una cacca pestata, la scossa elettrostatica di una portiera, dodici caffè amari trangugiati tramite imbuto, tachicardia, sudorazione improvvisa, inarrestabile voglia di distruzione, la sensazione di non ritorno di un dito sul grilletto.
Comincia il gierre, c’è la Santanchè che parla di metastasi e io comincio a tranqullizzarmi.

così, per dire

Puerile, anch’io, dal 1994, sarà grave?

un numero

stamani presto il tipo che legge la rassegna stampa su radio24 e ha letto tutto un articolo con la descrizione fatta dai marinai delle vedette della Capitaneria che hanno visto qualche notte fa, impotenti, più di 300 esseri umani cascare da una bagnarola sbilanciata dal loro peso e dal mare grosso. Dicono che cascavano “a grappoli”, che molti tenevano abbracciato un bambino, e poi li perdevano alla vista nell’acqua nera e riemergevano, morti. Questa immagine non sbiadisce: quant’è grande il 250? Maroni riesce a trasformare i numeri in opinione: per lui è una cifra da sottrarre ad un totale, per il resto di noi una tragedia in cui sono morte quasi le stesse persone del terremoto dell’Aquila, così in un attimo. Assoluto.

“Quando discuti con un avversario prova a metterti nei suoi panni, lo comprenderai meglio… Ho seguito questo consiglio ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire.” Antonio Gramsci

lokolooking

in attesa della prossima tappa di sabato 5 marzo al rione Darsena del carnevale di Viareggio stiamo ultimando l’impaginazione delle facce del prossimo libro sul Florence Tattoo Contest fra pochi giorni disponibile su blurb.com.

da ofp_col tappo non entra altro

da Oleg Foppa Pedretti ricevo questo breve romanzo di formazione.

” Massimo, quando scopri che un cliente ti ha inculato, agitarsi non serve a niente se non a sentire più male al culo. Quando si scopre di avere il cazzo in culo, si devono stringere le chiappe e uscire di scena come gran signori”
Riccardo Cappelli, titolare Cosmografica (Pace all’anima sua)

“Massimo, quando si va per chiudere un ordine, si deve uscire con l’ordine firmato. Se ti viene detto che ti richiamano l’indomani, l’ordine è perso al 99%”
Filippo De Meo, direttore Scuola 2F

Lezione da condividere con gli amici e colleghi.
Quando vi siedete da un cliente con l’intento di chiudere un ordine e questo vi chiede l’ultimo prezzo che potete fargli, voi ditegli: “Ok. Io l’ultimo prezzo te lo do, ma esco da qui con l’ordine firmato.”
Se lui vi dice che deve sentire anche altri fornitori, voi rispondete sempre: “Bene, allora senti tutti i tuoi fornitori e poi mi chiami. Perché anche io devo sentire i miei fornitori, e in un mercato come questo, quello che vale alle 12, non è più valido alle 17”.
Detto questo uscite, rassicurandolo che siete certi che al momento opportuno lo acconterete. Ma solo al momento opportuno.
Come avrete capito, oggi sono stato inculato.
Ma anche un cazzo in culo può venir comodo se poi farà da tappo per non prenderne altri.

” Massimo, ricordati una cosa: il 99% dei clienti non capisce un cazzo. ”
Riccardo Cappelli

un utile oggetto di riflessione

La scarpiera fino a poco tempo fa era uno di quegli arnesi (non riesco proprio a chiamarlo “mobile”) che guardavo da lontano con aria superiore, un po’ come si fa con Biscardi o Gasparri, ma che per inspiegabili equilibri di coppia è entrato subdolamente nella traiettoria del nostro rapporto. Un’attenta selezione portò la specialista di casa a mettere gli occhi su un oggettino ikeano dal solito nome pieno di consonanti capace di contenere 36 scarpe e di causare una nausea perenne nel sottoscritto. Questo avveniva lo scorso anno, perché quella scarpiera non è mai stata disponibile nel negozio Ikea facendomi pensare che il buon senso avesse avuto la meglio sui freddi piani di marketing di un’azienda che ha globalizzato il gusto scandinavo e le polpette (anche il primo spesso indigeribile). Venerdi ci è arrivata una mail: quella cacata era in negozio e siccome temevamo un improvvido calo di tensione abbiamo immediatamente programmato una puntata domenicale per accaparrarci l’agognato contenitore dei contenitori delle mie appendici. Alle otto emezzo, abbattuti i sedili e fatto un pieno in un distributore che annunciava il gasolio self a 1,285 e poi te lo fa ritrovare a 1,310, siam partiti all’alba verso quel non-luogo che è IKEA, che è infilato in quel non-luogo ancor più grande che è l’Osmannoro dentro cui sta l’Aiazzone scandinavo vicino a Chiappini, Roberto Cavalli, una discarica, la triste Metro e un paio di quegli alberghi che i francesi hanno disposto nei luoghi più brutti del pianeta, ma sempre ben visibili da un’autostrada trafficata. Il vantaggio di arrivare da Ikea venti minuti prima dell’apertura è che trovi parcheggio venti metri più vicino all’ingresso e poi ti fanno aspettare l’apertura in mezzo a un mucchio di gente, ma già dentro il negozio (non so se si possa chiamare così l’esperienza Ikea), appena salite le scale, fra i sacchi gialli, le pile di cataloghi e le matitine. Dopo i divani, gli scaffali, le cucine, le sedie, i tavoli, gli armadi, ma prima dei letti, dei giochi e di un caffè schifoso c’era la scarpiera dei sogni, in tutto il suo splendente color “nero-marrone” (una tonalità camaleontica pensata da strateghi della società per soddisfare una più ampia nicchia di mercato) e nella sua ammiccante funzionalità fatta da due pacchi separati da 35 chili l’uno e da, lo scoprirò dopo, un manuale di montaggio con una quarantina di passaggi e la ventilata capacità di contenere in uno spessore ridottissimo (e spero con grandi doti di isolamento olfattivo) quel popò di volume di calzature. Dopo una missione così, arrivati a casa verso mezzogiorno la giornata per me pareva esaurita tanto che, per compatirmi, la consueta emicrania domenicale non si è fatta vedere nemmeno da lontano. Adesso è tardi, le scatole sono aperte, il manualetto è lì con accanto il sacchettino delle 53 viti e della brugola, ho messo in carica l’avvitatore e aspetto in gloria che Jane se lo monti, quell’intruso.

la discarica si amplia (era “terra di nessuno”)

Teoria della finestra rotta, (Broken window theory), in cui si afferma che problemi relativamente di piccola portata, come un vetro rotto o l’urina di un barbone, se lasciati a lungo irrisolti, comunicano al pubblico cittadino il messaggio subliminale che il disordine in generale viene tollerato.

Questo produce l’impressione di un governo noncurante e quindi invita a commettere delitti sempre più più gravi.

(fonte Wikipedia)

La discarica, stamani.


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